Un artista di ampio raggio, Aldo Ajò, abile realizzatore dell’artigianato eugubino, si colloca senza pensieri nella sfera artistica anche fuori dalla ceramica.
Se da giovane, Ajò, aveva già trovato una sua precisa collocazione nell’ambito del dinamico ambiente produttivo di Gualdo, non altrettanto semplice risultava per lui un inserimento nel campo delle imprese eugubine di arte applicata e di artigianato artistico, la ‘nicchia’ della maiolica eugubina risultava occupata e non si hanno notizie del suo interesse per il legno.
Rimaneva il ferro battuto, attività tradizionale in Gubbio, ma ancora non assurta agli onori che avrebbe meritato nonostante l’abilità degli artigiani che la tenevano in vita[i]. Ed è questo il campo in cui Ajò decise di applicare le sue indubbie capacità artistiche e imprenditoriali.
Forse giocarono a favore di questa scelta alcuni incoraggianti precedenti, di cui l’eugubino era a conoscenza, come l’applicazione in materia del maestro forgiatore Gamberini (della ditta Pinelli), che aveva esposto i suoi artistici ferri battuti alla Mostra del Fascio Artistico Perugino del 1923 (a cui anche Ajò – lo abbiamo già visto – aveva partecipato)[ii]. Di sicuro il giovane artista fu incoraggiato dal grande sviluppo che l’arte del ferro ebbe nel quadro delle arti applicate tra liberty e déco[iii], e dal facile reperimento di aggiornati modelli di riferimento in riviste illustrate d’arte pura ed applicata come “L’Artista Moderno”, edita a Torino e diretta da Rocco Carcucci, consultata con attenzione da Ajò (gli eredi ne conservavano diversi numeri dal 1925 al 1930)[iv].
[i] Tra essi vanno ricordati Raffaele e Giuseppe Cipiciani, sui quali cfr., tra l’altro: Bellucci 1927; Lavori in ferro 1927.
[ii] Giubbini 1923.
[iii] Sulle arti applicate in Italia tra 1900 e 1930 cfr., tra l’altro, de Guttry, Maino, Quesada 1985.
[iv] Questi numeri de “L’Artista Moderno” si conservano ora nella Biblioteca del Convento di San Francesco di Gubbio.